I boschi della Valdipesa tra Pini e “Pinocchi”
Quello che vi voglio raccontare e’ cio’ che i miei occhi hanno visto fin dalla nascita e la fortuna che ho avuto nell’essere nata e vissuta da sempre in un luogo bellissimo della Toscana qual’e’ il Chianti.
La verita’ di quello che vi sto per descrivere sta nel fatto che ho trovato riscontro in un antichissimo libro datato 1904 proveniente dalla biblioteca di una villa dirimpettaia alla casa dove sono nata. Sfogliando le pagine ingiallite di questa pubblicazione ho ritrovato le immagini ed i suoni che mi hanno riportato indietro nel tempo fino ad incontrare la figura i gesti ed i racconti di mio nonno che mi parlava di suo babbo dei Pini e dei “Pinocchi” ovvero i pinoli , si i pinoli ma perche??
La Romola il piccolo paese dove sono nata e dove tutt’ora risiedo, e’ una piccola e ridente frazione del Comune di San Casciano situata a sul torrente Pesa (FI) a circa 300 metri di altitudine sul livello del mare; vanta una vegetazione che varia dalle viti agli olivi dai boschi di scope ai Pini domestici , questi ultimi nella varieta’ di Pinus Pinea che donano una qualita’ di pine o pigne, che dir si voglia, cariche di pinoli (piccoli strani e sublimi frutti racchiusi in un guscio legnoso) e di Pinus Pinastri che generano pine da seme e quindi non commestibili. Nel corso dei secoli i paesi limitrofi alle pinete ne trassero ricchezza, la legna da ardere e da costruzione comprese le pine anch’esse utilizzate per il fuoco. A testimonianza di cio’ si narra che Benvenuto Cellini utilizzo’ la legna dei pini delle tenute Serristori per fondere il “Perseo”. Quando i padronati si resero conto che andavano incontro ad un dannoso disboscamento ne fu vietato il loro taglio, ed e’ per questo motivo che in alcune zone della Valdipesa trionfano ancora pinete di spessore.
Le pine, prodotte dai pini, fin dall’antichita’ venivano raccolte dagli uomini che si arrampicavano come delle scimmie sui tronchi dei grandi alberi ed utilizzando lunghe pertiche, le facevano cadere al suolo; queste venivano poste al sole ad essiccare in modo che si aprissero, cosi facendo vi estraevano i pinoli . Nelle fredde giornate d’inverno un ticchettio continuo e cadenzato rompeva il silenzio delle campagne, era il battere ritmato di un sasso liscio sui piccoli pinoli, separando cosi’ il prezioso frutto dalla parte lignea, questa operazione veniva fatta sia da donne che bambini ma anche dagli uomini per arrivare “all’ora di’ sonno” ovvero al momento di coricarsi.
Tutto cio’ che vi ho raccontato narra i suoni della mia infanzia. Nonno Rinaldo oltre alla sua attivita’ principale di ramaio, (*) si dedicava come molti a questa remunerativa attivita’ sfruttando cio’ che la natura regalava senza pretender niente in cambio. Lui non aspettava l’inverno, ma nelle ore piu’ calde del giorni d’estate , nel suo retrobottega, iniziava il ticchettio tipico, era cosi arrivato il momento! Grandi quantitativi di pinoli messi poi ben ad asciugare venivano venduti poiche’ richiesti dalle distillerie o dalle pasticcerie o riposti in vasi ermetici e mantenuti gelosamente per la preparazione del dolce tipico della nostra zona circoscritta da un paio di paesi La Romola e la confinante Chiesanuova e forse di qualche altra frazione limitrofa (della quale pero’ a tutt’oggi non mi risulta). Questa leccornia e’ una sorta di croccante fatto con pinoli e zucchero ma dalla forma rotondeggiante simile ad una padella; questa infatti costituiva lo stampo per la realizzazione de La Pinolata ( cliccando potrete trovare la ricetta!!…) che veniva cotta esclusivamente in casseruole di rame zincato che per conduzione di calore aiutava (e aiuta) la cottura uniforme del croccante.
Per alcune famiglie, inclusa la mia, la Pinolata rappresenta il simbolo del Natale e non e’ possibile non prepararne almeno una per il pranzo o per la cena o quale gradito dono.
La tradizione della raccolta dei pinoli invece e’ praticamente andata a morire ma c’e’ un compaesano che custodisce gelosamente le origini di questa attivita’ , Alberto Turchi l’ultimo testimone di tanto lavoro e racconti di un tempo che fu , che ringrazio per avermi fatto ricordare l’infanzia, per avermi stimolata nel raccontare storie ed aneddoti ormai perduti e per l’amore che anche lui nutre per la mia amata Romola.
(*) artigiano che fabbricava e riparava pentole e stoviglie in rame